Le Piccole Patrie nell’Italia del Settecento

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SCIENZA E MEDICINA

ACADEMIA HOSPITALIS

Raffaele Virdis

A Parma nel XVIII secolo, durante il periodo borbonico, per migliorare la preparazione degli studenti di medicina e favorire l’aggiornamento dei laureati fu istituita un’Accademia fisio-anatomica, approntando un teatro anatomico anche all’interno dell’Ospedale della Misericordia e organizzando settimanali discussioni che alternavano temi fisio-anatomici e clinico-patologici.
La nuova accademia (Academia Physio-anatomica hospitalis, oppure in breve Academia hospitalis) era qualcosa di più generale di un teatro anatomico, ovvero un luogo, un’istituzione dove il corpo umano veniva studiato e discusso anche dal punto di vista delle sue funzioni e delle malattie. L’accademia fu legalizzata nel 1751 da un regolamento in ventiquattro titoli (leges Academia Hospitalis) che serviva anche a riformare l’ospedale e la facoltà medica tutta. Presidente dell’Accademia era il “protomedico generale” del Ducato e preside della facoltà: a metà Settecento era in carica il professore Silvestro Antonio Ponticelli, che si adoperò per il riconoscimento ducale della nuova istituzione.

Inizialmente il Duca Filippo di Borbone, in parte per problemi morali, non era particolarmente entusiasta della nuova accademia, ma poi si convinse, anche perché, da poco arrivato nel Ducato, era rimasto negativamente colpito dalle condizioni economiche e generali di povertà e arretratezza delle istituzioni pubbliche e della società tutta. Riguardo l’ospedale (della Misericordia) Guillaume Du Tillot, suo uomo di fiducia e dal 1759 primo ministro, aveva scritto al Duca, e alla moglie Luisa Elisabetta, figlia di Luigi XV re di Francia, che necessitava di “nouveaux droits, nouveau sang, nouveaux maȋtres, nouvelles lois” e quindi l’accademia era ben motivata e utile.
Fra le ragioni per istituire un’accademia all’interno dell’ospedale c’era anche la necessità di avere più cadaveri a disposizione per le autopsie didattiche; infatti i cadaveri non erano numerosi, essendo solitamente quelli di galeotti giustiziati, i quali, spesso, presentavano gli organi interni “rovinati” e non adatti a una sezione di insegnamento. In passato le autopsie universitarie potevano svolgersi solo nei mesi più freddi invernali, quando i cadaveri potevano essere conservati più agevolmente.
Nel 1767 una Disposizione Sovrana, preparata dal ministro Du Tillot, ordinava che nell’Ospedale vi fossero due medici “forniti della capacità e del merito di dar lezioni di metodica pratica” e nominava a tale incombenza il dottor Dentoni per la medicina e il dottor Righi per la Chirurgia, già lettori universitari. La collaborazione fra ospedale e università continuò anche successivamente, ma con molta resistenza da parte del primo, che in più occasioni cercò di ostacolare l’attività degli universitari al suo interno, talvolta con motivazioni che il protomedico Ponticelli definiva “pretesti quanto mendicati, altrettanto ridicoli”, come quando la “Congregazione dell’Ospedale” negava al medico assistente e lettore universitario la facoltà di eseguire un’autopsia, dicendo “non essere decente che un medico non ammogliato abbia far notomia de’ cadaveri delle donne”.

Già pochi anni dopo l’istituzione dell’Accademia, l’appartenere ed essere attivo nell’ambito della stessa si rivelò un titolo importante per ottenere incarichi universitari e ospedalieri. Al contrario, in alcuni casi una bocciatura poteva essere giustificata dal non avere partecipato assiduamente all’Accademia o non aver dato sufficiente mostra dei propri studi e delle proprie capacità con presentazioni e discussioni al suo interno. Anche per medici stranieri l’appartenere all’accademia parmense era un titolo da riportare nei loro curriculum o da stampare sul frontespizio dei loro libri.

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