Le Piccole Patrie nell’Italia del Settecento

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PERSONAGGI

ABATE DON PIETRO ANTONIO MARIA ZANI
(BORGO SAN DONNINO, FIDENZA,
4 SETTEMBRE 1748 / 12 AGOSTO 1821)

Mirella Capretti

Pietro, di umili origini, figlio di una lavandaia e di un sarto, orfano di padre a sette anni, andò a servizio a dieci da Enrichetta d’Este, vedova dell’ultimo duca Farnese, Antonio, nella rocca di Borgo. Attore nel teatro privato della Principessa, poi staffiere, coltivò la sua passione innata per le stampe sui libri del pittore Girolamo Bertani, suo compagno di scena. Di giorno prestava servizio, di notte si preparava per gli studi al Ginnasio con gli appunti che gli passava l’amico Giovanni Borghesi, allievo del Seminario. Grazie al coetaneo Carlo Dal Verme, che frequentava l’Accademia di Parma, e al pellegrinaggio a Roma per il Giubileo del ’75 (dove si acuì in lui il desiderio di farsi prete), cominciò a conoscere collezionisti e incisori, e a iniziare una raccolta. Dopo vent’anni di servizio a corte, con il lascito testamentario di Enrichetta, mutato in patrimonio dal duca di Parma Ferdinando I di Borbone, riuscì a completare gli studi di Teologia ed essere ordinato sacerdote (abate è titolo onorifico). Per una sopraggiunta grave sordità, non poté avere una parrocchia, così si dedicò allo studio delle Arti.
Intellettuale poliedrico si applicò prima alla Poesia, e, dopo l’incontro con Carlo Bianconi - segretario dell’Accademia di Brera (MI), grande collezionista - che lo spronava a continuare lo studio dell’arte incisoria allora in gran voga, resosi conto delle tante inesattezze e lacune nelle pubblicazioni consultate, progettò, e lavorò con passione ed entusiasmo tutta la vita per realizzare un’Enciclopedia d’Arte. Non la vide finita.
Senza studi particolari riuscì ad entrare in rapporto epistolare con nobili, studiosi e amatori, italiani e stranieri. Girò a piedi in Italia e in Europa, con una fatica immane, per documentarsi sulle incisioni originali in particolare, sulle carte e sugli scritti che ne illuminavano la storia, visitando collezioni pubbliche e raccolte private di regnanti, di uomini facoltosi, di religiosi e di mercanti, per realizzare nella pubblicazione il più importante “gabinetto di stampe” mai esistito, virtuale, con prove da lui direttamente esaminate. La sua formazione religiosa sarà importante per i giudizi morali di cui è cosparsa tutta la sua opera di studioso.
Celebre ai suoi tempi, ammirato e stimato dai grandi, conobbe due papi, Pio VI e Pio VII, due imperatori, Francesco I d’Asburgo e Napoleone, oltre a nobili come il principe Massimiliano di Dresda, eruditi come Heinecken, Bartsch, Denon, Seroux d’Agincourt e artisti come Canova, Damiano Pernati e Angelica Kauffmann. Sempre in difficoltà economiche, ottenne aiuti dal duca Ferdinando di Borbone, da Jacopo Durazzo, fratello del Doge di Genova, e dal Corso, che gli fece dare 400 scudi in monete di Francia per recarsi a Parigi a consultare le grandi raccolte d’arte. Là, la sua costanza e la sua determinazione furono premiate dal ritrovamento della prima stampa su carta da matrice di metallo, italiana, del fiorentino Maso Finiguerra (secondo Vasari e Baldinucci) cercata da tanti, e ne difese con documentazione il primato, contrastato dai tedeschi, nei Materiali per servire alla storia dell’origine e de’ progressi dell’incisione in rame e in legno. Considerato il più grande esperto di incisioni dell’epoca, la sua Enciclopedia, rimasta in massima parte manoscritta - come anche le sue opere poetiche (Poliantea Poetica) e le sue ricerche storiche (Memorie Patrie, Sentenze Latine e Italiane) - meraviglia ancora oggi gli studiosi che la definiscono come “il più diretto precedente di un catalogo di stampe contemporaneo” (R. Cristofori).
La Miscellanea di carte lasciata dall’Abate alla sua Borgo per testamento, conservata presso la Biblioteca e l’Archivio Storico Diocesani del Seminario Vescovile di Fidenza, ci fa conoscere date, notizie e testimonianze della sua vita raminga vissuta in cerca di sostegno al fine di realizzare i suoi viaggi e pubblicare i suoi studi.
I passaporti, le lettere, gli attestati, le poesie, le richieste, le suppliche, e quant’altro, si presentano per la maggior parte scritti a mano con la penna d’oca, e diversi a stampa, in lingua italiana, latina, francese e spagnola, e sono stati archiviati numericamente come trovati, tra le macerie del vecchio Seminario bombardato.
Sono custodite, ad esempio, la lettera con cui il Ministro di Ferdinando gli comunica che il Duca ha accettato la “Dedica”, da lui espressa, da inserire nell’Enciclopedia, dell’ottobre 1794; e quella di venticinque anni più tardi, che gli fa sapere che pure Maria Luigia ha approvato la “Dedica” da inserire nell’Opera ma con “alcune picciole modificazioni d’ordine Sovrano”.
Pure diverse poesie in lingua italiana e latina; tra queste, un lungo componimento in omaggio al teatro “che in un col buon costume insegna la morale”, altra passione di Zani, scritto nel 1791 a Vienna; e il manoscritto, steso dall’Abate, del Diario delle operazioni fatte dall’Accademia della Dama Agraria, sopra la “coltivazione” delle api…
Le ossa di Don Pietro furono dissepolte dalla nuda terra a fine ‘800, per voto del Comune, e poste nella chiesa del cimitero urbano. Vennero traslate poi nella nuova costruzione nel 1934, entro un’urna di marmo collocata nella parete destra, tra l’epigrafe in latino dettata dallo stesso, sotto, e il busto in stucco che lo ritrae, sopra. Fidenza gli ha dedicato una Scuola Media e una Via

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