Le Piccole Patrie nell’Italia del Settecento

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ORIGINE E COMPOSIZIONE DEI DUCATI

POLITICA E GOVERNO

Andrea Errera

Uno dei tratti salienti della politica settecentesca fu la progressiva affermazione del dispotismo illuminato, che ebbe espressione nella condotta di governo di molte grandi monarchie europee. Questo indirizzo culturale trovò applicazione anche a Parma, e coincise soprattutto con l’educazione impartita a Ferdinando di Borbone, che sin dalla più tenera età ricevette una formazione in linea con la nuova idea di “sovrano illuminato” tipica dell’epoca. Precettori e istitutori laici, versati nelle scienze e nelle lettere, avvezzarono il futuro sovrano alla cultura nelle discipline più disparate, con programmi didattici vasti ed ambiziosi. L’eccessiva mole di offerta didattica di impronta illuministica dovette però gravare in modo sproporzionato sulle forze del futuro duca, che rivolse per reazione le sue attenzioni alla religione.
Nondimeno, la guida illuminata del ducato continuò ad essere garantita dalla sapiente ed accorta gestione del ministro Léon Guillaume Du Tillot, giunto a Parma nel 1749, che si rivelò un amministratore abile e competente, in grado di realizzare un programma di governo filofrancese di impostazione schiettamente illuministica e antiecclesiastica. L’azione riformatrice riguardò molteplici ambiti della vita del ducato, tanto sotto l’aspetto economico quanto sotto l’aspetto culturale e religioso. Il programma di modernizzazione del ducato secondo i dettami del pensiero illuministico produsse ad esempio – per quanto riguarda il profilo economico – una serie di interventi diretti a razionalizzare la riscossione tributaria e le politiche di spesa pubblica, nonché a favorire la produzione economica interna con l’obiettivo di incrementare le risorse finanziarie disponibili. Dal punto di vista culturale, Du Tillot svolse una decisiva azione di impulso alla radicale riprogettazione urbanistica della città di Parma grazie anche alla magistrale opera urbanistica concepita da Ennemond Petitot. Per quanto concerne infine la politica religiosa, la precisa intenzione di sovvertire la tradizionale presenza e l’incisiva influenza ecclesiastica a Parma portò il Du Tillot a progettare anzitutto l’abolizione delle immunità fiscali e dei privilegi spettanti alla Chiesa, per giungere poi ad iniziative ben più radicali di soppressione e di incameramento dei beni degli enti ecclesiastici.
Le aspirazioni di realizzare a Parma un modello di sovranità illuminata furono però definitivamente interrotte e spente con l’arrivo a Parma nel 1769 di Maria Amalia, che – come consorte di Ferdinando – impose una differente impostazione reazionaria di tipo asburgico. La duchessa riuscì infine nell’intento – condiviso da Ferdinando – di sbarazzarsi del Du Tillot, segnando la fine del dispotismo illuminato a Parma. Tutte le riforme illuministiche introdotte da Du Tillot furono così cancellate, con il ritorno ad un modello prettamente paternalistico di governo e con la riproposizione degli antichi privilegi ecclesiastici e delle prerogative del clero nel ducato. La storiografia ha visto questa trasformazione come l’inizio dell’inarrestabile declino del ducato, condotto poi a pieno compimento dall’arrivo delle truppe napoleoniche a Parma nel 1796: il radicale cambiamento indotto della dominazione napoleonica segnerà infatti l’irruzione nel ducato di una impostazione politica e culturale del tutto dissonante rispetto al passato.

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