Le Piccole Patrie nell’Italia del Settecento

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ISTITUZIONI CULTURALI

BIBLIOTECHE: PUBBLICA E PRIVATE

Federica Dallasta, Leonardo Farinelli

Regia Biblioteca Parmense
Leonardo Farinelli

Il governo ducale, «per onorare in questo basso cantone, piccolo che sia, le lettere e gli uomini che le coltivavano», istituì anche una biblioteca per pubblica utilità e che fosse segno del mecenatismo della famiglia regnante, i Borbone-Parma. Ne affidava la formazione, nell’agosto 1761, al torinese Paolo Maria Paciaudi, religioso teatino, che Franco Venturi definirà «il maggior artefice della politica culturale parmense».
Prima di trasferirsi da Roma a Parma, il teatino chiedeva e otteneva il permesso di ottemperare a un precedente impegno preso con il cardinal Federico Marcello Lante di accompagnare a Parigi il nipote Emilio Lante, scelto da Clemente XIII per portare la berretta cardinalizia a due prelati francesi creati cardinali nel concistoro del novembre 1761. Interessante la corrispondenza tra il Paciaudi e Guillaume Du Tillot, nella quale il teatino non mancava di informare il Ministro degli acquisti di libri che andava facendo in Francia per la programmata biblioteca.
Nel pieno delle sue forze fisiche e intellettuali, il teatino si stabiliva a Parma nel 1762 e - fallito prima l’acquisto della biblioteca del card. Passionei per veto papale e poi di quella della famiglia Pertusati di Milano per veto di Vienna - si metteva al lavoro.
Dovendo essere una biblioteca per pubblica utilità e servire «all'istruzione in ogni genere gli studi», l’idea che guidava il bibliotecario nella scelta dei libri è ben sintetizzata nella frase oraziana dello stemma: Scripta Palatinus quaecumque recepit Apollo.
Il Paciaudi, pertanto, quando acquista libri e manoscritti, aiutato da una cerchia di illustri eruditi del tempo sparsi per l’Europa e consultando cataloghi di librerie in vendita, ha in mente di servire l’essere umano tout court e in fieri, l’uomo che ha bisogno di chiarire la sua fede, di conoscere il suo posto nella collettività, esaminare e approfondire quanto lo circonda e di rivisitare le epoche passate; l’essere umano, inoltre, che ha bisogno di entrare in rapporto con gli altri e insieme star bene in salute, usufruire delle invenzioni della mente umana, godere la vita nella sua pienezza.
La sua amministrazione, come dimostrano le carte, pur non avendo la Biblioteca degli inizi un bilancio da rispettare, fu molto oculata. Ordinava il materiale librario per materia, dividendo le serie dei libri in sei classi principali: teologia, nomologia, filosofia, istoria, filologia, arti liberali e poneva i volumi sugli scaffali per formato.
Non minore attenzione egli riservava al primo strumento d’informazione bibliografica, qual è il catalogo. Perché esso risultasse di facile consultazione e aggiornato in tempo reale, Paciaudi abbandonava il catalogo a volume, introducendo, primo in Italia, il catalogo a schede mobili.
La biblioteca poi dal 1768 godeva del diritto di stampa. L’art. V del titolo XVIII della Costituzione per i nuovi Regj Studj così dispone: «Ogni stampatore dal che esercita l’arte sua nei nostri Domini, dovrà di qualsiasi Opera, o carta, che esca da’ suoi Torchj, portarne, o mandarne una copia al Nostro Bibliotecario, da depositarsi nella Reale Biblioteca, sotto pena di Scudi dieci d’oro da applicarsi allo Spedale».
Sulla redazione del catalogo a schede mobili, e sulla cura catalografica riservata al ‘pezzo’ raro o di pregio oppure storicamente importante, Paciaudi non fu seguito dai suoi successori: Andrea Mazza (1774-1778) e Ireneo Affò (1785 -1797). D’altra parte, nessuno dei due aveva la sua preparazione e la sua esperienza. Né la tradizione di rilegare i pezzi di maggior pregio con una legatura di «somma proprietà» fu seguita: in questo caso non per colpa dei bibliotecari, ma per scarsità di risorse finanziarie. I locali del palazzo della Pilotta destinati alla Biblioteca furono la galleria del Corridore (ala sud), tre ambienti attigui comunicanti tra loro e con esso; e la galleria dell’Incoronata (ala est), già quadreria farnesiana.
Il nuovo istituto culturale era inaugurato nel maggio 1769, regnante don Ferdinando e presente Giuseppe II, imperatore d’Austria, con una dotta prolusione del bibliotecario Paciaudi.
La caduta in disgrazia del Du Tillot trascinava con sé i suoi più stretti collaboratori, fra cui naturalmente il Paciaudi, al quale, durante le manifestazioni popolari dell’estate 1771 contro il Ministro, fu imposto il domicilio coatto presso il locale convento teatino (complesso di Santa Cristina sull’attuale strada Repubblica). Quando nella primavera dell’anno successivo tornava in Biblioteca, fu per restarci ancora per poco. Infatti, nel 1774 chiedeva la giubilazione, ritirandosi a Torino, città in cui era nato.
La Biblioteca era affidata al benedettino Andrea Mazza, suo acerrimo nemico, che la reggeva – senza lasciare un segno che ne ricordasse la presenza – fino al 1778, quando nel marzo il duca don Ferdinando richiamava a Parma il Paciaudi, che riprendeva il suo posto. Ma tutto era cambiato. Moriva nel febbraio 1785 e nel marzo successivo era sostituito da Ireneo Affò, che svolgeva già la funzione di vicebibliotecario. Tempi difficili, per mancanza di fondi, anche per il nuovo responsabile, il quale giudicò negativamente il sistema del catalogo a schede mobili voluto dal Paciaudi. La R. Biblioteca parmense sotto la guida dello storico della città di Parma incominciava negli acquisti a provincializzarsi e, biblioteconomicamente, a non fare più alcun passo avanti.
Per arricchirsi di importanti fondi, la Regia Biblioteca Parmense doveva attendere il governo dell’austriaca duchessa Maria Luigia (1816-1847).

Biblioteche private
Federica Dallasta

Le raccolte presenti nelle case dei «particolari» sono un oggetto di studio piuttosto complesso, ma per addentrarci nell’argomento ci vengono in soccorso gli inventari post mortem che talvolta accompagnano i testamenti e le divisioni ereditarie.
L’Archivio Notarile Distrettuale di Parma e l’Archivio Storico Diocesano di Parma custodiscono numerosi esemplari di questo tipo di fonte, che è rimasta fino a oggi in gran parte inedita. Confrontando queste liste librarie si nota che la categoria di proprietari più attestata è quella appartenente al clero secolare, come era accaduto, del resto, nei secoli precedenti. A ciò si aggiunga che anche nei cenobi del clero regolare erano concentrati i lettori più colti e le biblioteche più ricche della città: i benedettini cassinensi di S. Giovanni Evangelista; i teatini di S. Cristina; i padri predicatori di S. Pietro Martire; i francescani dell’Annunciata, di S. Francesco del Prato, e di S. Pietro d’Alcantara; i cappuccini di S. Maria Maddalena sull’attuale via Bixio; i certosini della “Schola Dei” sull’attuale via Mantova; i cistercensi di S. Martino dei Bocci; i canonici regolari lateranensi di S. Sepolcro; i carmelitani di S. Maria Bianca e del Carmine.
Nelle case private potevano essere presenti talvolta solo pochi libri di larga circolazione (di scuola, di devozione), ma in altri casi anche grandi raccolte custodite su scaffali o in armadi all’interno degli «studi», ambienti destinati precipuamente alle attività intellettuali. Di solito le maggiori concentrazioni librarie sono appannaggio degli «Iuris Utriusque Doctores», che si avvalgono di edizioni in più volumi del Corpus iuris civilis e del Corpus iuris canonici. Spesso le loro biblioteche passano di padre in figlio e si arricchiscono, nel secondo Settecento, di monografie e riviste in francese.
Un’altra categoria socio-professionale dotata di ampia disponibilità bibliografica è quella dei medici, presso la quale si verifica una continuità fra generazioni simile a quella che abbiamo descritto per i laureati in legge. Si tenga presente, infatti, che a Parma esistevano già dall’epoca farnesiana i collegi dei giuristi e dei medici, per cui la stabilità delle professioni era ampiamente favorita.
Altre biblioteche specializzate sono quelle degli speziali, con opere di farmacopea; quelle degli architetti, con trattati di geometria e architettura; quelle dei ricchi mercanti, con manuali sui cambi delle valute internazionali, sulle fiere commerciali e con dizionari di lingue straniere.

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